Vaticano-Cina: incerto il rinnovo dell’accordo

da Riccardo Onofri

Ancora non è stato confermato il rinnovo dello storico accordo tra Santa Sede e Cina comunista, siglato nel 2018, e il cui testo non è mai stato pubblicato. Un accordo che secondo la maggior parte degli osservatori non ha portato al miglioramento delle condizioni dei cattolici cinesi, la cui persecuzione è purtroppo peggiorata nel biennio appena trascorso.

Già lo scorso maggio, una serie di attacchi hacker colpiva diversi server appartenenti a istituzioni cattoliche in Cina, come la diocesi di Hong Kong. Gli attacchi, che avevano preso di mira anche i server della Segreteria di Stato vaticana, erano operazioni di spionaggio condotte da cinesi. “Queste intrusioni di rete si sono verificate prima del previsto rinnovo a breve dello storico accordo del 2018 tra Cina e Vaticano”, spiegava un rapporto dettagliato di Recorded Future, una società privata di sicurezza informatica con sede in Massachusetts, “un accordo che, secondo quanto emerso, ha portato il Partito Comunista Cinese (PCC) ad acquisire maggiore controllo e supervisione sulla comunità cattolica ‘clandestina’ storicamente perseguitata”.

Le perplessità

Molti studiosi, tra cui il sociologo italiano Massimo Introvigne, fondatore del magazine online Bitter Winter, che documenta in tempo reale la persecuzione religiosa in Cina, si sono espressi perché la Santa Sede renda pubblico il testo dell’accordo. La segretezza dei termini dell’intesa è infatti una ragione in più tra quelle addotte dai critici di Papa Francesco per accusarlo di essere troppo morbido con Pechino, che perseguita i cristiani e altre comunità religiose. L’Ufficio cinese per gli affari religiosi vuole non solo che tutte le organizzazioni religiose ottengano l’approvazione dello Stato per qualsiasi attività, ma che diffondano i principi e le politiche del Partito Comunista Cinese.

Il Population Research Institute, un istituto di ricerca cattolico, esprimeva le sue critiche al Vaticano già nel 2018, in quanto l’accordo, scriveva, “significherebbe di più che rinunciare all’autorità papale sulla nomina dei vescovi in favore dello stato cinese, per quanto grave esso sarebbe. Firmarlo ora sarebbe un tradimento dei fedeli lasciati nelle mani di un nuovo imperatore rosso che sembra avere un particolare astio verso i cristiani, in particolare i cattolici, e che sembra determinato a soffocare ed estinguere la fede in tutto il suo impero”.

Negli ultimi due anni, la campagna aggressiva contro i cattolici in Cina non è stata frenata dall’accordo. A dicembre 2019, il Berkley Center pubblicava una sobria valutazione sull’implementazione dell’intesa: “La fiducia tra Pechino e il Vaticano non è stata migliorata con la firma dell’accordo. In una conferenza internazionale tenutasi a Fatima, in Portogallo, il 21 ottobre 2019, Pechino ha cercato di fare pressione sul comitato organizzatore affinché annullasse l’invito di due rappresentanti di Hong Kong… L’accordo non è servito molto agli obiettivi cattolici, bensì ha sostenuto la politica di Xi Jinping di sinizzazione della religione”. Anche secondo il South China Morning Post di Hong Kong l’accordo “ha contribuito poco al riavvicinamento tra Santa Sede e Pechino o a una maggiore libertà per i cattolici in Cina”. A luglio, papa Francesco si è astenuto dal menzionare la repressione delle proteste nell’ex colonia britannica in un discorso pubblico, come era stato invece programmato. 

La chiamata alle armi degli Stati Uniti

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno ammonito la Santa Sede a non fidarsi di Pechino. L’avvertimento è arrivato direttamente dal Segretario di Stato Mike Pompeo, che il 18 settembre ha personalmente firmato un articolo su First Things. Dopo l’accordo del 2018, scrive Pompeo, “se il Partito Comunista Cinese riuscirà a mettere in ginocchio la Chiesa cattolica e altre comunità religiose, i regimi che disprezzano i diritti umani saranno incoraggiati e il costo della resistenza alla tirannia aumenterà per tutti i credenti religiosi coraggiosi che onorano Dio al di sopra dell’autocrate del momento.” L’amministrazione Trump ha fatto della libertà religiosa un suo cavallo di battaglia, per il quale il presidente si è battuto con successo. Inoltre, i rapporti Cina-USA sono sempre più tesi, come dimostra il recente discorso di Trump all’Assemblea Generale ONU. Questo 29 settembre Mike Pompeo farà tappa a Roma per cercare di controbilanciare l’attuale scenario favorevole a Pechino.

Infatti i rapporti di forza attualmente appaiono nettamente sbilanciati contro la Santa Sede, che sembra essere più impaziente di Pechino a rinnovare l’intesa. Benché il Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, abbia parlato di ottobre come il periodo in cui rinnovare l’accordo, nelle dichiarazioni cinesi non c’è alcuna indicazione del rinnovo, come se non ci fosse interesse da parte di Pechino. Questo mese il giornalista di politica estera Benedict Rogers ha rivelato che la Cina non sta più applicando i termini dell’accordo, che erano validi solo per due anni. Quel che è sicuro è che la Cina vuole che il Vaticano tagli i rapporti con Taiwan, la cui ambasciata presso la Santa Sede, unica in Europa, è in via della Conciliazione a Roma. 

Le prossime settimane saranno cruciali per definire la sorte di quello che il cardinale emerito di Hong Kong Joseph Zen ha definito “tradimento” e “una resa al regime comunista”.

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