Negli ultimi anni gli yazidi sono saliti agli onori delle cronache a causa della persecuzione nei loro confronti da parte dei militanti del cosiddetto Stato Islamico, che hanno massacrato e cacciato molti di loro dalle loro terre nella Piana di Ninive in Iraq. Un gruppo etnoreligioso curdo che pratica severamente l’endogamia, gli yazidi, non più di un milione in tutto il mondo, sono oggi più numerosi nella dispora (tra cui Germania, Russia, Belgio, e Armenia) che in patria. Lo yazidismo, le cui dottrine più esoteriche sono serbate gelosamente dalla comunità, è una fede monoteistica. Dio avrebbe creato il mondo e affidatolo a sette angeli santi, il capo dei quali, Melek Taus, l’angelo pavone, governa il mondo ed è oggetto di culto da parte degli yazidi.
Nonostante siano stati decimati negli ultimi anni, il 18 novembre gli yazidi hanno incoronato un nuovo leader spirituale a Lalish, la loro capitale nel Curdistan iracheno, due mesi dopo la scomparsa dell’ultimo leader religioso, Khurto Hajji Ismail, morto a 87 anni in Germania. Ismail aveva guidato la comunità attraverso gli orrori dell’ISIS, per esempio accogliendo le sopravvissute yazide nonostante fossero state date in sposa a memberi dello Stato Islamico, una decisione che ha rotto un tabù della religione.
Tuttavia, invece del figlio di Khurto Ismail, il principe Hazem Tahsin Bek, capo laico degli yazidi, ha scelto Ali Alyas come leader spirituale. Alyas, che ha una quarantina di anni, ha quindi ricevuto il titolo di Baba Sheikh. Il rigido sistema di caste stabilisce che i membri del clero provengano solo da famiglie specifiche: infatti, anche il padre di Alyas era un Baba Sheikh. Molti yazidi dicono però che il principe non ha consultato adeguatamente le tribù prima di fare la sua scelta, e che questa decisione porterà nuove divisioni all’interno della comunità, o che addirittura dovrebbe essere annullata.
Ridotti all’osso da un nemico esterno, gli yazidi sapranno resistere alle faide interne?