Sembra proprio che Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, dovrà rinunciare al suo Vaticano. Ormai da vent’anni il leader russo-ortodosso aveva un sogno nel cassetto: trasformare la sua sede a Sergiev Posad, nei pressi della capitale della federazione, in una sorta di Vaticano dell’Ortodossia. L’idea, legata al risorgimento della fede nel mondo ex-comunista, era quella di una cittadella che servisse da quartier generale del patriarcato e da capitale dell’intero mondo ortodosso, alla pari con Roma, Gerusalemme, e la Mecca.
Tuttavia, le fondamenta di questo monumentale progetto si erano rivelate sempre più incerte negli ultimi tempi. Prima di tutto il costo sarebbe stato esorbitante: quasi 2 miliardi di euro a spese dei contribuenti russi, cioè tre volte tanto quanto Mosca spende attualmente per lo sviluppo urbano della Russia nel suo insieme.
La seconda ragione, forse più importante, è lo scisma nel quale versa l’ortodossia e in particolare il patriarcato russo. Infatti, se il progetto fu ideato quando il cristianesimo tornava a essere una forza importante nel mondo slavo, oggi non è più così.
Il cristianesimo ortodosso consiste in più di una dozzina di chiese autocefale, cioè autonome, alcune delle quali minuscole, altre enormi, come quella russa. Dal 2018 nel mondo ortodosso è in corso uno scisma di cui si è parlato poco nel mondo occidentale. La crisi nasce quando il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, la cui autorità di primus inter pares è sempre stata avversata da Mosca, ha concesso l’autocefalia alla chiesa ortodossa ucraina (patriarcato di Kiev), rendendola di fatto autonoma da Mosca.
Questo a Kirill non è andato giù. Il patriarca ha giudicato la decisione di Bartolomeo illegittima e una prevaricazione nei suoi confronti, e ha dichiarato la fine della comunione col patriarcato ecumenico – in altre parole, uno scisma, che implica il divieto per i fedeli della chiesa russa di partecipare ai sacramenti nelle chiese considerate scismatiche. Quando altri patriarcati ortodossi (Atene, Alessandria d’Egitto, Cipro) hanno riconosciuto il patriarcato autocefalo di Kiev, la lacerazione si è fatta ancora più profonda. Nella liturgia di Natale a gennaio 2019, il Patriarca Kirill non menzionò nelle preghiere un solo nome dei primati delle altre Chiese ortodosse locali. Al contrario, il capo della Chiesa ortodossa ucraina Epifanio elencò i nomi di tutti i primati, compreso Kirill. Lo scisma continua tutt’oggi.
Nel progetto del “vaticano” russo erano previste 13 sedi riservate alle varie Chiese ortodosse autocefale, a cominciare proprio da Costantinopoli. Sedi che con lo scisma in corso, sarebbero rimaste vuote. Senza di esse, il papato moscovita non avrebbe credibilità.
A questa situazione si aggiunge il fatto che la vicinanza tra Putin e le autorità della Chiesa sta sempre più rendendo sia l’uno che l’altro estremamente impopolari.
Queste ragioni sono probabilmente dietro alla decisione, resa nota il mese scorso, del rifiuto finale del progetto. Infatti, il 5 novembre è stato approvato dalle autorità russe il nuovo progetto per il distretto cittadino di Sergiev Posad, in cui non è prevista alcuna costruzione del vaticano russo almeno fino al 2040. Il motivo ufficiale dell’annullamento non è stato spiegato, ma le malelingue dicono che Putin si è stancato di coprire le sconfitte di Kirill con i soldi statali, ora più che mai necessari per affrontare la crisi del Covid-19.