Mussulmani italiani e Ramadam

da Riccardo Onofri

Mercoledì 23 o giovedì 24 aprile (a seconda che sia avvistata o meno la luna nuova) comincerà il Ramadan, il mese islamico durante il quale i fedeli musulmani digiunano completamente dalle prime luci del giorno fino al tramonto. Il Ramadan è tradizionalmente caratterizzato da frequenti visite ad amici e parenti, pasti serali comunitari nei centri di culto, una maggiore affluenza in moschea per le preghiere comunitarie e per ascoltare la recita del Corano, e dalla grande festività di Eid ul-Fitr alla conclusione del mese sacro. Tutte queste attività saranno messe a dura prova, se non annullate del tutto, dalle misure in vigore per combattere l’epidemia di Covid-19. Come si stanno preparando i musulmani italiani? Lo abbiamo chiesto a Muhammad Umberto Pallavicini, classe ‘98, responsabile dei giovani della Comunità Religiosa Islamica Italiana (COREIS), tra le maggiori realtà islamiche “autoctone” in Italia.

Cos’è la COREIS?
La Comunità Religiosa Islamica Italiana è un’associazione nazionale di musulmani italiani attiva dagli inizi degli anni ’90 con la priorità di testimoniare e tutelare il patrimonio spirituale e intellettuale della religione islamica in Occidente. Io sono il rappresentante della sezione giovani, che concentra le proprie attività in ambito accademico e interreligioso, un aspetto importante dell’eredità del fondatore della Coreis, mio nonno Shaykh Abd-al-Wahid Pallavicini, che partecipò allo storico Incontro di Assisi del 1986 voluto da Papa Giovanni Paolo II.

Muhammad, come vive normalmente la Coreis il Ramadan?
“Da quattro anni a questa parte in Coreis viviamo il Ramadan tramite un progetto che abbiamo chiamato 114 Pizza e Dolci, come il numero dei capitoli del Corano, patrocinato da alcune ambasciate. Durante tutto il mese ci rechiamo nelle carceri, nei centri di accoglienza per minori, e tra le comunità di migranti nel Nord Italia, dove siamo più attivi, e in Sicilia. Offriamo loro ogni giorno la nostra vicinanza umana e condividiamo l’iftar, il tradizionale pasto per rompere il digiuno dopo il tramonto. Inoltre, negli anni abbiamo sempre organizzato piccole conferenze e iniziative di dialogo interreligioso durante il Ramadan.”

Tutto ciò sarà un po’ difficile quest’anno, con l’Italia in quarantena.
“Ovviamente quest’anno il progetto non potrà che essere nettamente ridimensionato. Penso che questo Ramadan sarà per noi musulmani un’occasione per approfondire quegli aspetti più spirituali e meditativi legati all’osservanza del mese sacro, rispetto alle tradizioni di tipo più conviviale. A differenza di altre religioni, certi obblighi dell’Islam, come la preghiera rituale, possono essere validamente osservati privatamente a casa propria.

Questo non vuol dire che in Coreis rimarremo con le mani in mano. C’è molto da fare in questa situazione, e noi siamo sempre pronti a collaborare con gli enti locali. Per esempio, proprio in questi giorni il Comune di Milano ci ha chiesto di creare un sistema di assistenza per i senzatetto e i detenuti di fede islamica.”

Sotto quali altri aspetti cambierà il Ramadan?
“Il Ramadan è normalmente caratterizzato dal pasto comunitario di rottura del digiuno la sera in moschea, seguito da una serie di preghiere rituali che spesso si protraggono per gran parte della notte, durante le quali, lungo tutto il mese, viene recitato l’intero Corano. Questo non sarà possibile quest’anno. Come alternativa, abbiamo pensato di proporre alcuni capitoli del Corano, tra cui la cosiddetta Sura di Maria, la madre di Gesù, ai detenuti che assistiamo e agli altri fedeli legati alla nostra comunità. Tutte queste attività possiamo farle grazie all’aiuto che ci stanno dando le prefetture e rispettando le norme di sicurezza.”

Le sfide più urgenti durante la pandemia?
“La Coreis è radicata soprattutto nel settentrione, quindi, come un po’ tutte le realtà religiose italiane, siamo stati completamente travolti dalla crisi sanitaria. Purtroppo, in questo momento per noi l’urgenza più impellente sono i decessi da Covid-19. Tra le vittime ci sono molti musulmani, tanto che i posti nei cimiteri islamici sono ormai esauriti. La questione è molto delicata soprattutto nel Bresciano, dove ci stiamo adoperando per aiutare le famiglie dei defunti a dare loro una sepoltura islamica, vista l’impossibilità del rimpatrio nei rispetti paesi d’origine. Questo è complicato anche perché l’Islam non gode ancora di un’intesa con lo stato italiano.

L’altra urgenza riguarda la reperibilità del cibo halal, cioè conforme alle regole alimentari islamiche, durante il Ramadan. Quello dell’halal è un business abbastanza importante. Sarà difficile reperire ad esempio i datteri, che usiamo per rompere il digiuno, e che normalmente vengono importati e donati in grande quantità dalle ambasciate dei paesi islamici durante il mese sacro. Sono piccole cose, ma sono convinto che percepiremo questi problemi sempre di più durante il mese.”

Come vengono vissuti questi problemi all’estero?
“L’epidemia ha spinto le autorità religiose a proporre soluzioni alternative un po’ in tutto il mondo. Abbiamo ricevuto notizia dai fratelli in Irlanda che una sentenza religiosa ha permesso loro di tenere le preghiere comunitarie notturne del Ramadan online durante la quarantena. Noi preferiamo mantenere posizioni più ortodosse e rispettose della sacralità dei riti religiosi.

Ora come ora non sappiamo cosa aspettarci nell’immediato futuro. Per adesso, le moschee di Mecca e Medina sono state chiuse, un evento più unico che raro nella storia dell’Islam. Anche l’Hajj, il grande pellegrinaggio alla Mecca a cui accorrono milioni di fedeli da tutto il mondo, e che quest’anno si terrà a fine luglio, sarà notevolmente ridimensionato. Qui in Italia, siamo ben consapevoli che l’epidemia non è un problema che riguarda solo noi. Quindi siamo disposti a rinunciare alla preghiera del venerdì e dare il nostro contributo per affrontare la pandemia.”

E se le misure restrittive continueranno ancora a lungo?
“Bisogna cominciare a capire come tutte le comunità religiose e noi musulmani possiamo adeguarci a una possibile crisi di lungo periodo. Si possono adottare misure utili a scoraggiare la diffusione di virus e organismi patogeni. Ho visto foto dall’Indonesia dove i fedeli in moschea pregano in fila ma mantenendo un paio di metri di distanza l’uno dall’altro. Da parte nostra, siamo pronti a sostenere le idee migliori e ad accogliere questo Ramadan diverso dal solito come una sfida.”

Si può anche come

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