MODELLO CINESE? CHIEDETE AGLI UIGURI

da Riccardo Onofri

Il coronavirus ha portato restrizioni per tutti

Le misure di sicurezza adottate nei vari paesi vanno da minore libertà di movimento, chiusura delle attività ricreative di gruppo, chiusura di alcuni tipi di attività economiche, sospensione delle attività scolastiche e universitarie “in sede” in favore di alternative online, e infine restrizioni in ambito religioso. Come già riportato su Voci in Passerella, le misure di sicurezza sono state accolte dalla maggior parte delle comunità religiose, che in molti casi si sono date da fare per far fronte al lockdown in maniera creativa. Altri esponenti religiosi hanno invece protestato contro quella che ritengono sia una eccessiva ingerenza dello stato negli affari religiosi. Qualunque sia stata la reazione nei paesi occidentali, la natura democratica delle istituzioni e una cultura educata, quantomeno in teoria se non in pratica, alla libertà di espressione, hanno permesso lo svolgimento di un dibattito pubblico e di un libero scambio di idee sulla questione.

L’unica religione davvero consentita in Cina è quella comunista

Non così nella Repubblica Popolare Cinese, origine del coronavirus, dove ogni religione o ideologia che non sia quella del partito unico è sistematicamente repressa dalle autorità comuniste. La vicenda degli uiguri è ormai conosciuta da molti. Si tratta di una popolazione centrasiatica di ceppo turco e tradizionalmente musulmana che vive nella regione dello Xinjiang, nell’ovest della Cina, conosciuto anche come Est Turchistan. Il governo cinese conduce da anni una campagna di repressione della popolazione uigura della provincia. L’obbiettivo è quello di rompere l’identità non cinese degli uiguri e portarli all’unica religione davvero consentita in Cina, cioè quella di stato. Il Ramadan, mese sacro importante per l’Islam e celebrato anche dai meno religiosi, è sempre stata l’occasione perfetta per il governo cinese per intensificare l’opera di persecuzione. Mentre da noi c’è chi dice di apprezzare il modello cinese e il modo in cui il partito ha gestito la crisi del coronavirus, ricordare in cosa consiste esattamente questo modello non può che far bene.

Gli uiguri non sono ovviamente l’unico gruppo religioso perseguitato in Cina. In questo bisogna riconoscere al comunismo di essere stato davvero capace di rendere tutti uguali. I cristiani subiscono continui e ripetuti soprusi da parte delle autorità. Distruzioni arbitrarie delle chiese, divieto di prendere parte alle attività religiose per i minori di età, arresti dei fedeli, prepotenze, detenzione di vescovi e leader religiosi in campi di concentramento: questi alcuni dei metodi adottati. Notorio il caso di Falun Gong, nuovo movimento religioso che consiste in esercizi di qigong e studio della dottrina, i cui membri in Cina vengono perseguitati da quando la dottrina fu vietata alla fine degli anni novanta. E’ ormai provato che l’arresto e l’uccisione dei fedeli del Falun Gong contribuisce ad alimentare il fiorente commercio di organi umani in Cina. Non scampano ai continui soprusi e alle persecuzioni neanche le tradizioni religiose ritenute “autoctone” e parte della cultura cinese, come il taoismo, il buddismo, o le espressioni tradizionali delle credenze spirituali native della Cina (la cosiddetta religione tradizionale cinese). Tutti fatti ben documentati nonostante i tentativi della censura di stato cinese di sopprimere queste notizie e ogni tipo di critica.

Campi di rieducazione, sinicizzazione forzata, e una rete di funzionari del partito

Tornando agli uiguri, la manifestazione più atroce della persecuzione sono ovviamente i campi di “rieducazione”, dove membri dell’etnia vengono condannati a spendere mesi se non anni. Nei campi, torture di ogni tipo vengono accompagnate dalla martellante propaganda sul partito. I prigionieri sono obbligati ad abiurare la propria fede e a imparare miriadi di testi di propaganda sul marxismo, il maosimo, e sul presidente Xi Jinping. L’obbiettivo, come ogni totalitarismo, è quello di distruggere l’individuo, le sue idee, la sua identità, il suo senso di appartenenza e il suo attaccamento a qualsiasi cosa che non sia l’ideologia di stato. L’oppressione cinese degli uiguri si manifesta anche tramite sforzi di sinicizzazione della popolazione, spingendo gli uiguri a comunicare in mandarino, abbandonare usi e costumi traidizionali, mangiare maiale, bere alcol, fino anche a cambiare lo stile di arredamento delle proprie abitazioni. La sinicizzazione dello Xinjiang avviene inoltre tramite l’incoraggiamento di cinesi di etnia han a trasferirsi nella regione per cambiare gradualmente la composizione demografica della provincia, secondo un modello ben collaudato altrove, per esempio in Tibet. I cinesi sanno bene che “demografia è destino”.

Il partito comunista può avvalersi di una fitta rete di funzionari pubblici insediatisi in modo capillare nello Xinjiang. I funzionari del partito in molti casi vengono “ospitati” dalle famiglie uigure, soprattutto se queste hanno un parente in un campo di rieducazione, per assicurarsi che l’Islam non venga praticato e che la famiglia si comporti in conformità con le regole del partito. La caratteristica delle ideologie totalitarie è che esse non fanno distinzione tra sfera pubblica e privata. In una società totalitaria, non ci sono comunità “intermedie” tra lo stato e l’individuo, come chiese, famiglie, clan, e associazioni. Inutile a dirsi, le pratiche religiose legate al mese del Ramadan (cominciato oggi) come il digiuno o le preghiere notturne in congregazione sono vietate, e quest’anno il partito ha una scusa in più, quella del Covid-19.

Un modello non proprio da seguire

In questo momento di pandemia mondiale, il coronavirus monopolizza comprensibilmente l’attenzione dei media. Donald Trump è stato criticato da molti per aver deciso, in un periodo delicato come questo, di sospendere temporaneamente i finanziamenti all’Organizzazione Mondiale della Sanità, considerata da molti troppo vicina alla Cina. Taiwan è stata estromessa dalle iniziative di collaborazione della comunità internazionale per volere della repubblica Popolare. Molte personalità politiche occidentali hanno espresso apprezzamenti per come la Cina ha affrontato l’epidemia e per il modello cinese. Ma è bene ricordare quante morti si sarebbero potute evitare se la censura cinese non di fosse abbattuta su chi lanciava l’allarme da Wuhan quando si sono registrati i primi casi. In occasione dell’inizio del Ramadan, la persecuzione della minoranza uigura è un ottimo esempio per ricordare in cosa consiste davvero il modello cinese.

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