IL SUDAN HA DICHIARATO REATO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI

da Nicola Paparusso
Nyakim Gatwech,

TRE ANNI DI CARCERE PER CHI PRATICA MUTILAZIONI GENITALI 

Una notizia passata inosservata perché proveniente da un paese lontano non per la distanza ma per assenza di “interessi” da tutelare. Una notizia passata inosservata perché l’orrore che tratta ha come vittime donne che il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro di esse, sono “comparse” mentre al contrario meriterebbero essere tra le protagoniste della problematica. Un paese dove alle donne era vietato indossare pantaloni o di lasciare i capelli scoperti in pubblico, o incontrare uomini che non fossero mariti o parenti stretti. Un paese dove tuttora lo stupro coniugale e il matrimonio infantile non costituiscono “fatto reato”.

Il governo del Sudan ha vietato l’infibulazione, ovvero quella pratica in cui gli attributi genitali femminili esterni sono parzialmente o totalmente rimossi per motivi che molti definiscono culturali o addirittura religiosi. Nulla di tutto questo! Contrariamente da quello che si crede sull’Islam, laddove viene violata la sacralità della vita ci si allontana dalla religione, venendo meno a quell’esortazione profetica “il migliore tra di voi è colui che si comporta meglio con le donne” e ignorando il versetto coranico: “trattatele comunque con gentilezza, perché se le tratterete con disprezzo può darsi che voi disprezziate qualcosa in cui Dio ha posto un bene grande”. 

Le mutilazioni genitali, al contrario, sono frutto di orribili credenze, causando sempre grandi sofferenze fisiche e psicologiche. In Sudan, la pratica di mutilazione genitale femminile è molto diffusa. L’ONU riferisce che nove ragazze su dieci in quella nazione siano fino ad oggi state sottoposte all’asportazione dei genitali femminili esterni.

UN GRANDE PASSO PER IL SUDAN, PER L’AFRICA MA SOPRATTUTTO PER IL MONDO

Questa legge e l’attuale Governo proteggerà le ragazze da questa orribile pratica restituendo loro il sacrosanto diritto di vivere con dignità. Donerà alle madri che non volevano mutilare le loro ragazze e che non potevano opporsi, un significante strumento di difesa anche se temo che la sola legge non sarà sufficiente a porre fine alla pratica. Purtroppo in molti paesi la mutilazione dei genitali femminili è una pratica talmente antica da essere considerata addirittura una indispensabile condizione per il matrimonio ed è sostenuta dagli uomini e non poche volte, anche dalle donne. La pratica delle mutilazioni genitali sopravvive in vari paesi africani e in parti dell’Asia e del Medio Oriente. Inutile dirvi delle infezioni che derivano dall’infibulazione e che originano infertilità e complicazioni durante il parto, oltre a compromettere la salute psichica delle bambine e delle donne che la subiscono.  La maggior parte delle donne sudanesi è vittima di quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “Circoncisione di tipo III”, cioè una forma estrema di mutilazione in cui oltre al clitoride, vengono rimosse le labbra interne ed esterne della vulva. La ferita viene quindi cucita e chiusa. Inutile elencarvi le conseguenze che vanno dalla morte per dissanguamento a quella per infezione o per parto.

Nyakim Gatwech oltre a posare per innumerevoli servizi fotografici, si batte duramente per i diritti delle donne del Sudan, nella speranza di mettere fine alla discriminazione razziale

LE MODELLE SUDANESI IMPEGNATE PER IL RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UOMO

Nyakim Gatwech, 24 anni, di origine sudanese ma cresciuta negli Stati Uniti. A renderla famosa è stata proprio il tono fortissimo di nero della sua pelle. I genitori vengono da Maiwut ma si sono trasferiti a Gambela, in Etiopia, durante la guerra civile. Dopo aver vissuto per un periodo nei campi per rifugiati, la famiglia al completo si è trasferita in America. All’epoca Nyakim aveva 14 anni ma fin da allora è sempre stata notata per la particolarità della sua incredibile bellezza. Alla St.Cloud State University, l’università che stava frequentando prima di raggiungere il successo, ad esempio, ha sfilato per la prima volta durante il Fashion Show “Africa Night” organizzato dall’ateneo, lasciando tutti senza parole. Oltre a posare per innumerevoli servizi fotografici, si batte duramente per i diritti delle donne del Sudan, nella speranza di mettere fine alla discriminazione razziale.

Adut Akech Bior 23 anni, di origine sudanese una carriera fortemente voluta, l’impegno definito da quel sorriso con il diastema per cui veniva bullizzata da ragazzina. Ha vissuto i primi 8 anni della sua vita in un campo profughi nel vicino Kenya, assieme alla amatissima madre e ai suoi cinque fratelli, prima di trasferirsi in Australia, ad Adelaide, dove ha frequentato le scuole ed è cresciuta. Ma per quanto la durissima formazione nel campo profughi l’avesse resa in grado di apprezzare e valorizzare le piccole cose, 

Debutto assoluto tra le grandissime nel settembre 2017, quando ha sfilato per Saint Laurent con un contratto in esclusiva per tre anni. Ma gli ostacoli non tardavano a presentarsi: parte della famiglia non accettava di buon grado la scelta di fare la modella criticando fortemente la mamma di Adut Akech, nel tentativo di far smettere la ragazza di posare e sfilare. Sua madre si è opposta, l’ha incoraggiata a continuare. 

Si può anche come

Lascia un Commento