GOD SAVE THE…KING GIORGIO

da Mariteou Dione

CORONAVIRUS. TRA LE SUE VITTIME LA MODA 

Sicuramente a molti può sembrare inopportuno che si scriva di moda in un momento critico come quello attuale mentre invece è proprio per la criticità del momento che è opportuno ricordare che la Moda costituisce uno dei settori trainanti dell’economia italiana. Un settore che non è fatto solo dei suoi grandi nomi ma anche di giovani creativi che si candidano a prenderne il testimone in futuro e senza improvvisarsi imprenditori della moda ma dopo aver investito in studi specialistici e successivamente in un’attività. Parlo insomma delle nuove piccole aziende, nate da pochi anni, che hanno assunto dipendenti, stipulato contratti di finanziamento da rimborsare, comprato materiali per ordini da evadere. Realtà produttive in genere ancora bisognose di affermazione, che la crisi rischia di distruggere, non avendo ancora raggiunto una sufficiente solidità finanziaria e spazio mediatico, e ora nemmeno più le occasioni e il tempo per costruirsi visibilità. Proprio come tutte le piccole aziende del nostro Paese: la Moda non fa eccezione.

In questo mondo esistono persone straordinarie che con il loro talento riescono a illuminare numerosi aspetti della vita. Creativi, leader, geni, chiamiamoli come più ci pare ma convinciamoci del fatto che non potremo mai ingabbiarli in una specifica categoria ad esclusione di Giorgio Armani che noi italiani abbiamo definito semplicemente: Re!

In un Paese come l’Italia, nel quale la moda rappresenta una delle filiere più incidenti sul PIL, questa non può permettersi di perdere un’intera generazione di attività emergenti, che sono le sole a poter assicurare un ricambio di medio periodo nelle griffe e nelle intelligenze. È assolutamente indispensabile velocizzare al massimo tutti quei processi e attività utili alla ripresa senza attendere la provvidenza della macchina pubblica che poi, non si sa mai bene quando arriverà o a chi sarà destinata. 

RICAMBIO GENERAZIONALE NELLA MODA? IMPOSSIBILE ALMENO PER ANCORA MOLTI ANNI

Un altro problema che l’emergenza coronavirus ci porterà al suo finire, sarà il cambio generazionale nella moda.  Rispetto a molti settori, le aziende italiane del fashion, hanno creato in decine di anni, un vero e proprio DNA, una sorta di valore intangibile. La colpa di tutto in primis proviene dalla convinzione dei fondatori di essere fondamentali perché il marchio non tradisca se stesso, non si trasformi diventando magari meno affascinante agli occhi dei consumatori finali. Una convinzione di insostituibilità che impedisce di delegare persino i figli. Invece i titani della Moda dovrebbero favorire questo passaggio di testimone, ora più di prima,  divenendo “esempi positivi da seguire” per le nuove generazioni. Intendo dire modelli di comportamento cui ispirarsi, uomini e donne che da un’esperienza negativa, da episodi o momenti drammatici come quello che stiamo vivendo, hanno trovato la forza per reagire al terribile contesto riconducendolo a vantaggio proprio o addirittura a trasformarlo in un successo personale.

Dare insomma ai giovani esempi positivi di chi, nonostante le difficoltà, le discriminazioni, i disagi (fisici, sociali, economici) ce l’ha fatta, ha invertito la rotta e trovato la sua strada.

CHI SE NON RE GIORGIO?

In questo mondo esistono persone straordinarie che con il loro talento riescono a illuminare numerosi aspetti della vita. Creativi, leader, geni, chiamiamoli come più ci pare ma convinciamoci del fatto che non potremo mai ingabbiarli in una specifica categoria ad esclusione di Giorgio Armani che noi italiani abbiamo definito semplicemente: Re

Giorgio Armani è il migliore esempio di tutto questo, una persona che con il suo infinito talento è stato capace da piccolo designer di diventare un imprenditore che controlla il più longevo impero del fashion tra marchi, strutture ricettive, negozi. 

con il suo infinito talento è stato capace da piccolo designer di diventare un imprenditore che controlla il più longevo impero del fashion tra marchi, strutture ricettive, negozi

Eppure la sua entrata nella moda avvenne per caso ed esattamente nel 1957, anno in cui lasciò gli studi di medicina di Milano,  durati solo tre anni, per passare nel team della Rinascente dove insieme ad alcuni architetti si occupò dell’immagine dello store.
Un’esperienza che si rivelerà fondamentale e che gli permise di disegnare le sue prime collezioni, prima per il brand Hitman di Cerruti, poi, con l’influenza fondamentale di Sergio Galeotti, la prima con il proprio nome: Armani dalla quale emergerà vincente la reinterpretazione della giacca da uomo per donna, la destrutturazione dei capi, la morbidezza delle stoffe, i colori sfumati. Da li a poco non tardarono a giungere i primi successi e riconoscimenti. Diane Keaton, nel ‘78, ritirò l’Oscar per “Io e Annie” di Woody Allen indossando una giacca Armani e poi come dimenticare i capi indossati da Richard Gere in “American gigolò”, film che gli diede una sconfinata visibilità?  Un altro emblematico esempio della sua filosofia stilistica, elegante ed innovativa allo stesso tempo, capace di far innamorare celebrità e gente comune, unendo a un design unico l’esigenza di una vestibilità e comodità in grado di rendere le sue creazioni giuste in ogni occasione, ce lo ricorda la copertina di Times nel 1982. 

Giorgio Armani si palesa subito non solo come talentuoso stilista, ma anche come imprenditore visionario. Senza timore alcuno di sbagliare possiamo affermare che fu  tra i primi a percepire la necessità di creare capi meno costosi e quindi accessibili ai più. Il 1981 è l’anno del lancio dei brand Emporio Armani e Armani Jeans. Diec i anni dopo è la volta di Armani Exchange mentre negli anni 2000 arrivarono Armani Collezioni, Armani Casa e EA7. Un modo per differenziarsi e rendere il genio di Armani accessibile a tutti, adattandolo a necessità diverse.

Si dice che fino all’ultimo istante prima di un suo show Giorgio Armani controlli con maniacale attenzione che ogni dettaglio sia a posto e che sistemi personalmente i capi addosso alle modelle prima delle uscite. Non è faticoso immaginarlo perché per creare un impero come il suo oltre ad avere mille occhi bisogna possedere doti non comuni. 

come dimenticare i capi indossati da Richard Gere in “American gigolò”, film che gli diede una sconfinata visibilità?

Virtù e doti che gli hanno concesso anche l’ingresso e il successo nel mondo delle strutture ricettive con due hotel di lusso a Dubai e a Milano. Persino il Solomon R. Guggenheim di New York ha sentito doveroso celebrarlo dedicando al protagonista del Made in Italy una mostra celebrativa per i primi 25 anni di attività.

Un amore per l’arte che lo porterà nel 2016 a donare a Milano il suo Hangar, un luogo che si presta a essere un polo culturale unico che ospita una collezione permanente delle sue creazioni e dove si sono esibiti artisti come Tadao Ando.

Oggi Armani è la Moda per antonomasia. È il nome che accoglie i viaggiatori in arrivo a Milano con la gigantesca insegna di Emporio Armani all’aeroporto di Linate, è il proprietario dell’Olimpia, storica squadra di basket milanese, ma è anche il produttore di un vino che proviene dalle viti della sua tenuta  di Pantelleria. Giorgio Armani è lo stilista che ama mangiare i tortelli di spinaci e ricotta chiusi a caramella, che si circonda di persone care, collaboratori e soprattutto famigliari. Ama gli animali e per questo è il primo ad annunciare il concreto impegno del Gruppo Armani alla totale abolizione dell’uso di pellicce animali nelle proprie collezioni, aggiungendo che il progresso tecnologico raggiunto permette di avere a disposizione valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali. Per questa nobile iniziativa nel marzo 2020 gli è stato conferito il Premio la Moda Veste la Pace, la cui cerimonia si svolge ogni anno al Parlamento Europeo di Bruxelles e che ha visto tra i premiati delle precedenti edizioni personaggi della Moda come la compianta direttrice di Vogue Italia Franca Sozzani e lo stilista Valentino Garavani.

il primo ad annunciare il concreto impegno del Gruppo Armani alla totale abolizione dell’uso di pellicce animali nelle proprie collezioni, aggiungendo che il progresso tecnologico raggiunto permette di avere a disposizione valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali

GOD SAVE THE KING

“God Save the Queen” quante volte abbiamo sentito le sue note patriottiche  nella in eventi sportivi, nelle cerimonie ufficiali e per le strade d’Inghilterra. In origine l’inno si intitolava God Save the King, ma poi fu trasformato al femminile quando la Regina Vittoria salì al trono nel 1837 e tuttora si mantiene inalterato sotto il regno di Elisabetta II.

Oggi torniamo a invocare Dio affinché doni lunghissima vita al Re della Moda, al migliore degli esempi per le nuove generazioni, riaffermando cosi ancora una volta l’assunto che la generazione che precede ha responsabilità nei confronti di quella che segue, poiché contribuisce in modo determinante a creare le condizioni di vita materiali, ambientali, culturali, sociali entro le quali cresceranno quelle che seguono. Quindi: God save King Giorgio.

Si può anche come

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