Il 2024 è stato caratterizzato da una serie di femminicidi atroci, tra cui quello di Giulia Cecchettin, che ha scosso in maniera potente l’opinione pubblica e l’Italia intera.
Le statistiche del Ministero degli Interni riportano dati a dir poco allarmanti, segno di una vera e propria emergenza sociale.
A destare preoccupazione non sono soltanto i numeri legati agli omicidi, ma anche quelli correlati a violenze di altra tipologia (stupri, maltrattamenti, stalking).
Il concetto di violenza di genere.
Per violenza di genere s’intende ogni forma di aggressione esercitata contro una persona a causa della sua appartenenza ad un genus, per l’appunto quello femminile. Essa include molteplici forme di offesa, da quella fisica (percosse, lesioni) a quella specificamente sessuale (molestie, stupri), da quella economica stricto sensu, a quella psicologica (nelle sue innumerevoli varianti), sino ad arrivare agli atti persecutori (cd. stalking) e all’omicidio, quale violazione massima ai danni di un soggetto.
Il femminicidio, dunque, rappresenta solo la punta dell’iceberg: spesso, infatti, l’uccisione di una donna avviene al culmine di una serie di coartazioni fisiche e psicologiche perpetrate ai danni di quest’ultima, nella maggior parte dei casi all’interno dell’ambiente familiare (l’85% dei crimini avviene tra le mura domestiche).
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha riconosciuto la violenza contro le donne come un problema di “salute pubblica”, una piaga sociale che deve necessariamente essere debellata.
Nonostante gli enormi progressi, la nostra è una società ancora fortemente caratterizzata da un’egemonia di tipo patriarcale e il mancato riconoscimento di questa situazione fattuale, è il primo indice da prendere in considerazione.
Le cause principali della violenza di genere.
Indagini socio-antropologiche, ricerche di psicologi e psichiatri e studi giuridici, hanno evidenziato come la violenza di genere sia da considerarsi un fenomeno derivante dall’intreccio di una molteplicità
di fattori di rischio, di natura diversa: individuale, relazionale, culturale e sociale.
Invero, la sedimentazione di consuetudini errate e gli stereotipi di genere legati alla superiorità maschile, rendono ulteriormente difficoltoso il processo socio-evolutivo.
Pensiamo alla figura del pater familias e alla potestà genitoriale (ovvero la supremazia del padre e, in generale, dell’uomo in ambito familiare), quest’ultima ancora riconosciuta in molti nuclei parentali, nonostante la riforma giuridica del diritto di famiglia (attuata con Legge n. 219/2012 e successivo D. Lgs. 154/2013), che ha introdotto il diverso concetto di “responsabilità genitoriale”.
E’ necessario evidenziare, altresì, che in alcune Regioni e in determinati contesti sociali, le donne hanno (ancora oggi) un accesso limitato a risorse economiche, istruzione, opportunità lavorative e ciò le rende inevitabilmente vulnerabili.
I rimedi per fermare il fenomeno dei femminicidi e della violenza di genere.
Per interrompere questa spirale di violenza occorre, in primis, agire sulla prevenzione.
Psicologi e psichiatri sono concordi nel ritenere che i femminicidi, nella maggior parte dei casi, siano preceduti da una serie di segnali.
Spesso si assiste ad una escalation di violenza (psicologica prima, fisica poi); occorre, dunque, da un lato convincere le vittime a denunciare nell’immediato e, dall’altro, promuovere l’adozione di provvedimenti cautelari urgenti, non sempre concessi dai giudici.
Il vulnus del fenomeno, però, richiede anche una diversa formazione educativa, sin dall’età infantile.
Educare i bambini alla non violenza, al rispetto e all’uguaglianza, in famiglia e nelle scuole, è un passo fondamentale per dare il via ad una rivoluzione culturale, ai fini del raggiungimento della parità di genere
– tra uomini e donne – non solo formale, ma anche sostanziale.