ESSERE UN NERO IN AMERICA CONTINUA AD ESSERE UNA SENTENZA DI MORTE

da Nicola Paparusso
“I can’t breathe”: le ultime parole di George Floyd, un afroamericano soffocato dall’agente della polizia a Minneapolis Derek Chauvin, 44 anni, da 19 anni in polizia, che, durante l'arresto, gli aveva messo un ginocchio sul collo

“I can’t breathe”: le ultime parole di George Floyd, un afroamericano soffocato dall’agente della polizia a Minneapolis Derek Chauvin, 44 anni, da 19 anni in polizia, che, durante l’arresto, gli aveva messo un ginocchio sul collo, come mostra un video diventato virale. Poco dopo il sindaco Jacob Frey, un democratico, aveva annunciato il licenziamento dei quattro agenti coinvolti che, come mostra il video, non hanno dato ascolto all’uomo che gridava «non respiro» né ai passanti che chiedevano di togliere il ginocchio del collo dell’uomo.

SI TRATTA DI RAZZISMO, PUNTO E BASTA

Impossibile rendere più mite questa parola con dei sinonimi o con aggettivi meno orrendi. Un uomo che per sette minuti, quattrocentoventi secondi, resta genuflesso sul collo di una persona disarmata ed ammanettata che lo sta implorando di non ucciderlo e non riesce a respirare è un assassino cosi come assassini i colleghi che non hanno impedito che ciò accadesse.

Ancora oggi il colore della pelle diventa una condanna per un uomo, un marito, un padre di quarant’anni descritto come un dipendente modello dal proprietario del Conga Latin Bistro dove lavorava come guardia di sicurezza

George Floyd si aggiunge ad una lunga lista di nomi di ragazzi e uomini afroamericani freddati ingiustamente dalla polizia americana.  È vero che alcune di queste vittime si erano macchiate di qualche reato ma il compito della polizia e quindi di uno Stato non è quello di fare giustizia sommaria.  Non è mai superfluo ribadire, che qualsiasi uomo o donna, se indiziato o colpevole di un reato deve subire un regolare processo e non morire in strada sotto il ginocchio di un poliziotto.

“Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!”

IL VIDEO HORROR

Ho visto e rivisto il video della morte di questo ragazzo che è diventato virale. Fa orrore lo sguardo freddo e l’espressione fiera di quel poliziotto, molto simile a quella di un cacciatore di safari che ha appena catturato un elefante e non ammazzato un uomo. Pare che quell’agente sarebbe già stato altre volte coinvolto in sparatorie, uso eccessivo della forza e violazione delle regolari procedure.

Nel considerare il perché le forze dell’ordine americane siano spesso argomento di cronaca per un uso così assiduo di metodi violenti, il fattore più importante da considerare è quello culturale. La police brutality sembra essere veicolata soprattutto attraverso una cultura interna estremamente corporativista e omertosa, che esalta il machismo degli agenti e infetta di un razzismo profondo e radicale. Gli agenti di polizia si sono, storicamente, mossi in un contesto sociale in cui la targetizzazione di certi frammenti della società, nella fattispecie, le minoranze razziali, ha incontrato il benestare di buona parte delle istituzioni e della società civile. Nonostante in Minnesota il Covid stia mietendo vittime, come nel resto degli USA, le persone sono scese in piazza indipendentemente dall’etnia e dal colore della pelle e hanno protestato contro un sistema che in questa occasione si è dimostrato di nuovo fermo a decenni fa, quando gli afroamericani non avevano diritti. I manifestanti con i cartelli con scritto “no giustizia, no pace”, “black lives matter” e “basta linciarci” chiedono giustizia e non vogliono più vedere del sangue sulle strade delle loro città. Questa vicenda ha nuovamente scosso il mondo con una magnitudo più forte del peggior terremoto. Questa storia ripropone un quesito vecchio come il mondo: quali sono le condizioni che permettono di trovare un punto di incontro tra cultura bianca e cultura nera senza che le strade si facciano teatro di simili atrocità?

BLA, BLA, BLA

In epoca biblica, il significato del gesto di strapparsi deliberatamente le vesti che avevano addosso, tra gli ebrei era un modo di esprimere forti emozioni e sentimenti come disperazione, dolore, umiliazione, sdegno o lutto. Per esempio, quando Ruben scoprì che suo fratello Giuseppe era stato venduto come schiavo, e che quindi il suo piano di liberarlo era fallito, “si strappò le vesti”. Il padre, Giacobbe, “si strappò i mantelli” supponendo che Giuseppe fosse stato sbranato da una bestia feroce. Al processo di Gesù, il sommo sacerdote Caiafa “si strappò le vesti” nell’udire quella che giudicò erroneamente una bestemmia.  E anche questo orrendo fatto vede alcuni personaggi strapparsi le vesti. Chi?

Lo stesso Trump che ha una lunga storia di comportamenti razzisti, alcuni dei quali denunciati pubblicamente dal suo ex avvocato Michael Cohen a partire dalla sistematica esclusione degli afroamericani dalle case popolari gestite dal padre

Donald Trump ha chiesto al Dipartimento di Giustizia e all’Fbi di accelerare le indagini sulla morte di George Floyd. “Giustizia sarà fatta!” ha twittato, definendo l’episodio “molto triste e tragico”. Lo stesso Trump che ha una lunga storia di comportamenti razzisti, alcuni dei quali denunciati pubblicamente dal suo ex avvocato Michael Cohen a partire dalla sistematica esclusione degli afroamericani dalle case popolari gestite dal padre fino alla campagna per la pena di morte contro un gruppo di innocenti ragazzi neri secondo lui invece colpevoli di aver commesso uno stupro a Central Park. Importante ricordare anche quando Donald Trump ha attaccato un gruppo di quattro deputate del Partito Democratico, invitandole a tornare da dove sono venute. Senza nominarle esplicitamente, Trump faceva riferimento a quattro donne non bianche, tre delle quali peraltro sono nate negli Stati Uniti: Alexandria Ocasio-Cortez, nata a New York da genitori portoricani, l’afroamericana Ayanna Pressley, Rashida Tlaib, figlia di immigrati palestinesi, e Ilhan Omar, nata in Somalia ed emigrata successivamente in Minnesota. Le deputate, elette alle ultime elezioni di metà mandato e dell’ala più di sinistra del Partito Democratico, si erano opposte con radicalità alle pessime condizioni di detenzione dei migranti nei centri al confine e alla sua politica della “tolleranza zero”. 

ALTRE VESTI STRAPPATE

“La famiglia di George Floyd merita giustizia”, dice Joe Biden il candidato democratico alla Casa Bianca che chiede un’indagine federale. “Sono grato per la prontezza con cui sono stati licenziati gli agenti coinvolti che meritano di essere ritenuti responsabili per le loro vergognose azioni”, scrive Biden su Twitter. Dopo essere intervenuto annunciando il licenziamento dei quattro agenti, il sindaco di Minneapolis Jacob Frey, democratico, ha fatto chiesto al procuratore generale di consegnare i responsabili alla giustizia. “Perché non è in galera? Se io avessi fatto quello che ha fatto lui, sarei già dietro alle sbarre”. 

SPORT, MUSICA E MODA DICONO BASTA 

Lebron James, l’asso della Nba, si unisce all’indignazione che scuote l’America. Il campione dei Lakers posta sul suo profilo Instagram la foto di Floyd trattenuto dal ginocchio di un agente di polizia. “Svegliati, hai capito ora o non e’ ancora chiaro?”, il commento alle due foto. “E’ la cosa più disgustosa e straziante che abbia visto da molto tempo a questa parte. Fuck the Police! Sì lo dico, non sono interessata a essere politicamente corretta. Sono interessata alla giustizia”. Lo afferma la pop star Madonna postando su Instagram il video di George Floyd. Ma sono molte le star che criticano l’accaduto. Naomi Campbell twitta: “Non ho parole. Sono stanca di tutto questo e sono stanca di persone che muoiono senza motivo. Pensavo che in questo momento avremmo potuto essere tutti più vicini, invece sembra che il coronavirus abbia fatto emergere il razzismo in modo forte”.

Naomi Campbell twitta: “Non ho parole. Sono stanca di tutto questo e sono stanca di persone che muoiono senza motivo. Pensavo che in questo momento avremmo potuto essere tutti più vicini, invece sembra che il coronavirus abbia fatto emergere il razzismo in modo forte”

INTANTO IN ITALIA

Sono fortemente convinto che in Italia la quasi totalità la pensi come me, che sia sofferente e indignata come me. La quasi totalità, come me crede che bisogna essere intolleranti solo contro l’intolleranza,  verso le frasi razziste soprattutto verso quelle pronunciate da affermati giornalisti, politici e tifosi. Già, prevenire il razzismo con la cultura e reprimerlo con norme inequivocabili e severe. Inorridirsi difronte a frasi contro i meridionali o settentrionali, contro gli slogan urlati negli stadi da un gruppo di idioti. Dobbiamo discriminare chi discrimina perché il razzismo non abbia nessun posto nella nostra società, affinché  il colore della pelle smetta di essere una condanna morale o nella peggiore delle ipotesi anche fisica.

Madonna postando su Instagram il video di George Floyd: “E’ la cosa più disgustosa e straziante che abbia visto da molto tempo a questa parte. Fuck the Police! Sì lo dico, non sono interessata a essere politicamente corretta. Sono interessata alla giustizia”

Si può anche come

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