È da poco terminata la Milano Fashion Week, quest’anno con oltre 60 sfilate tutte al digitale.
Ad un anno dall’inizio della pandemia infatti la passerella si è totalmente rivoluzionata diventando per la maggior parte digitale, segnando un passo importante della storia della moda.
In un mondo ormai sempre in evoluzione, bramoso di novità, ma soprattutto che cambia rapidamente, quale sarà l’evoluzione nel mondo dell’interior retail design? Sarà destinata a diventare digitale o peggio ancora a scomparire?
Sebbene ogni strada rimanga aperta, nell’ambito della moda l’esperienza diretta con il capo è ancora molto rilevante e oltre a questo aspetto già a partire dall’ultimo decennio, lo spazio espositivo è diventato teatro di un nuovo concetto di marketing: il brand identity
Prendiamo ad esempio il brand Gucci, che ha scommesso tra i primi su un nuovo approccio di retail. Da quando l’azienda ha rinnovato il suo Art director nella figura di Alessandro Michele, il marchio storico ha stravolto la sua identità.
Oggi, se pensiamo a Gucci, ci immedesimiamo in un modello di abbigliamento anti conformista, fuori dalle righe. Una moda che veste le persone ricche di personalità, artistiche e fuori dai canoni comuni, andando profondamente a toccare un lato artistico e ribelle che in fondo ogni possibile cliente ha.
Questo oggi è la brand identity, ormai consolidata di Gucci, che racconta una storia.
La stessa che poi si riflette nei suoi Flagship Store, dove si percepisce subito questa idea di ribellione.
La si ritrova nella scelta dei colori accesi e a contrasto, nella presenza di arredi che richiamano stili passati rivisti in chiave estrosa.
Dunque lo spazio dove si inserisce il prodotto diventa anch’esso marketing e mezzo di comunicazione.
Così come Gucci tanti altri importanti brand nella moda hanno definito e raffinato nel tempo la loro brand identity.
In questo modo il prodotto non è più il centro della vendita ma il vero marketing è il valore che con esso si trasmette e che rappresenta ma soprattutto che diventa esperienza.
Dunque ancora oggi lo spazio fisico del retail assume un’importanza centrale non solo per l’esposizione dei prodotti ma soprattutto perché rappresentazione immediata dei valori e dell’immagine dell’azienda.
La concezione del design dello store è dunque cambiata, in quanto non solo deve valorizzare il prodotto, ma deve soprattutto stupire ed offrire un’esperienza al cliente finale.
L’esempio calzante di questa nuova modalità di store è quella del negozio Tiffany di Covent Garden a Londra, dove gli interni abbattono le barriere dello showroom di lusso, introducendo distributori automatici di profumi, display e grafiche ironiche, spingendosi fino ad avere un programma di eventi e performance nello shop.
Compito del designer è quello di comprendere il target e la filosofia del brand e rifletterla negli spazi, nella scelta dei materiali e delle tecnologie, per rendere il negozio fisico ancora più coinvolgente.
Un altro elemento oggi diventa centrale nello sviluppo dei prossimi store e che è diretta conseguenza dell’espansione del digitale; questo elemento è il TEMPO.
Il digitale infatti ha influenzato l’esperienza di shopping spingendo a credere che tutto possa consumarsi nel tempo di un clic. In pratica le stesse aspettative di velocità di un e-commerce si stanno trasferendo anche nell’off line.
Questa sarà la prossima sfida nel mondo del design retail interior, ovvero fornire al consumatore una esperienza veloce e dinamica nell’acquisto, magari con l’aiuto della tecnologia.