Emergenza migranti in Bosnia

da Farida Marotta Zare

Da settimane migliaia di rifugiati e migranti sono confinati in condizioni disumane alle porte dell’Unione Europea. A poca distanza dalla città di Bihac in Bosnia-Erzegovina più di 2.500 migranti, fra cui ci sono anche 50 minori non accompagnati, vivono all’aperto fra le macerie del campo profughi di Lipa in tende non riscaldate senza avere accesso ad alcun tipo di riscaldamento, acqua potabile, cibo a sufficienza ed essendo costretti a lavarsi nella neve e nel gelo dell’inverno balcanico.

Rifugiati e migranti provengono dall’Africa, Sud Asia e Medioriente e si sono incamminati lungo la rotta balcanica nel tentativo di attraversare la Bosnia e raggiungere così la Croazia, paese membro dell’UE. 

Il campo profughi di Lipa costruito lo scorso Aprile come soluzione temporanea per far fronte all’emergenza da Covid-19 originariamente ospitava circa 1.600 persone, ma non è mai stato provvisto di: riscaldamenti, servizi igienici, acqua potabile, elettricità e tutti quelli che sono i servizi primari necessari a garantire una permanenza in condizioni umane e dignitose ai rifugiati. Nel Dicembre 2020 il suddetto è stato distrutto dalle fiamme, liberatesi probabilmente dalle stufe improvvisate utilizzate dagli ospiti del campo per potersi riscaldare, e dichiarato perciò inagibile. Ad oggi non è stato fornito alle persone che vivevano a Lipa alcun alloggio alternativo e di fatto ben 2500 persone si trovano a dover  cercare di sopravvivere all’aperto, circondate dalla neve e con temperature che scendono anche al di sotto di -10°C,  fra le macerie del campo.

Per accedere agli aiuti umanitari le persone devono restare in fila per ore sotto la pioggia e al freddo, in alcuni casi scalze. Il Covid-19 non ha risparmiato gli ospiti del campo di Lipa, ma non è l’unica malattia ad essersi diffusa molti in parecchi, in fatti, hanno contratto la scabbia ed altri hanno la febbre alta.

Questo disastro umanitario potrebbe essere evitato se le autorità locali eseguissero gli ordini del Governo bosniaco ed  utilizzassero le strutture per la gestione dei profughi costruite con fondi UE. Infatti, il sindaco di Bihac, Suhret Fazlic, si è detto insoddisfatto dall’approccio dell’UE ed ha rifiutato di riaprire un prefabbricato costruito per i rifugiati ed i migranti dall’Unione Europea ed inutilizzato dall’ autunno 2019.

Da quando nel 2018 la Bosnia-Erzegovina è diventata una via per l’accesso all’Europa, da parte di migliaia di persone speranzose di trovare una vita migliore all’interno dell’UE,  l’Unione Europea ha stanziato oltre 89 milioni di euro alle autorità locali per gestire e ridurre l’afflusso dei migranti al di fuori dei suoi confini, è importante ricordare che la Bosnia pur avendo fatto richiesta per aderire all’UE non è ancora membro dell’Unione mentre la Croazia, che confina con la Bosnia-Erzegovina è un paese UE dal 2013.

In questi giorni i militari e i volontari delle organizzazioni umanitarie stanno fornendo: acqua potabile, cibo, abiti invernali e scarpe integre alle persone che vivono a Lipa. Questo però non basta, perché secondo l’Organizzazione Internazionale per l’Immigrazione nei confini bosniaci ci sono oltre 8.500 migranti non europei che desiderano raggiungere i paesi del nord Europa. 

Anche una delegazione di Eurodeputati italiani del PD ha visitato il campo ed ha inviato un appello alle istituzioni nazionali e comunitarie affinché questa situazione disumana non venga più ignorata.

Si può anche come

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