Assad ribatte, Erdogan raddoppia

da Riccardo Onofri

Hagia Sophia è ormai una moschea. Erdogan ha mantenuto la promessa fatta ai propri elettori e venerdì 24 luglio l’adhan è tornato a chiamare i fedeli islamici alla preghiera nella ex cattedrale bizantina. Il kateeb, il predicatore che ha pronunciato i due sermoni nella moschea, lo ha fatto ostentando una spada ottomana – un messaggio esplicito di conquista.

La ritrasformazione in moschea di Ayasofya è un simbolo potente del progetto islamista di Erdogan. Con la sua leadership, le voci dissidenti a casa sono sempre più represse – a fine agosto l’attivista Ebru Timtik è morta in cella dopo uno sciopero della fame durato 238 giorni – ma nello stesso tempo il Sultano è stato capace negli ultimi anni di accrescere il ruolo turco sulla scacchiera internazionale, soprattutto in Medioriente (Erdogan ha apertamente criticato l’accordo Israele-EAU ed è ormai il principale “difensore” della causa palestinese) e a caccia di giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale, dove Grecia e Turchia sono ormai ai ferri corti.

Nel frattempo, dalla Siria di Assad, i cui territori settentrionali sono occupati da truppe turche dal 2016, è arrivata una risposta. Il regime di Assad ha annunciato che in risposta alla conversione in moschea di Ayasofya il governo, con l’aiuto della Russia, costruirà una chiesa cristiana dedicata a Santa Sofia nella provincia centrale di Hama. L’idea sarebbe venuta a Nabeul al-Abdullah,capo di una milizia lealista, e avrebbe ricevuto l’approvazione del metropolita greco-ortodosso locale Nicolos Baalbaki. Nonostante sia un regime autoritario, prima dell’Isis la Siria di Assad è sempre stata un esempio di pacifica convivenza tra diverse fedi (alauiti, sunniti, sciiti, cattolici, ortodossi, drusi, yazidi, ismailiti, aleviti, mandei sono alcune delle comunità religiose del paese).

Una mossa che certamente trasmette un messaggio diverso da quello di Erdogan, che, non contento di Ayasofya, ha riconvertito in moschea un’altra delle conquiste ottomane, il monastero di Chora a Istanbul, che nel 1945 era diventato un museo, i cui meravigliosi mosaici saranno coperti e tra le cui mura risuonerà nuovamente il Corano.

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